Sufismo

 

“Il sufismo in se stesso non è né una scuola teologico-giuridica né uno scisma né una setta, anche se si pone di sopra da ogni obbedienza. È innanzi tutto un metodo islamico di perfezionamento interiore, d’equilibrio, una fonte di fervore profondamente vissuto e gradualmente ascendente. Lungi dall’essere una innovazione o una via divergente parallela alle pratiche canoniche, è anzitutto una marcia risoluta di una categoria di anime privilegiate, prese, assetate di Dio, mosse dalla scossa della Sua grazia per vivere solo per Lui e grazie a Lui nel quadro della Sua legge meditata, interiorizzata, sperimentata” (Si hamza Boubakeur, rettore dell’Università Islamica di Parigi, rettore della moschea di Parigi, discendente diretto del primo califfo ben diretto Âbû Bakr, nonché mio venerato maestro). I sufi si dividono in confraternite, turuq (singolare taryqa), a un dipresso come le confraternite dei frati e delle suore, con la sola differenza che i sufi e le sufi si sposano e vivono nel mondo. “Nel mondo, ma non del mondo; nulla possedendo e da nulla essendo posseduti”, come essi dicono. Le confraternite dei sufi si sono sgranate lungo il corso dei secoli; in tutta la storia della cultura islamica i grandi scienziati, i grandi poeti, i grandi musicisti e docenti universitari, architetti, pittori furono sufi.

Gabriele Mandel Khân, Islam, Electa, Milano 2006, p.118

 

Vie mistiche 

Il ricco mondo del Vicino e del Medio Oriente, erede dei fasti alessandrini, romani, bizantini e partico-sasanidi, offriva plurime vocazioni culturali a un Islam che ne tentava l’unificazione in un sincretismo monolitico. A quanti, fuggendo il consumismo del tempo e gli onori terreni, cercavano affermazioni dello spirito si presentarono più vie: quella degli asceti, quella dei penitenti, quella dei predicatori erranti o quella, allora ancor vaga e non deltutto ben formulata, del sufismo. Dal punto di vista storico troviamo antecedenti al sufismo nella colonia araba di Bassora e in quella di Kufa. Quella di Bassora, razionale e realistica, allineò cinque importanti maestri che ebbero numerosi seguaci; quella di Kufa, più libera, a tendenza sciita e neoplatonica, ne ebbe sette, cui si devono gli inizi della ricerca mistica nella Baghdad del IX secolo. Sin dai primi secoli quindi appare presente nell’Islam una tendenza al misticismo, espressa al suo apparire dalla corrente mistica della Malamatiyya (la Via del biasimo). Si ebbero così plurime correnti anche nel misticismo islamico: la Via dell’asceta (simile a quella dei “piagnoni” del Medioevo cristiano), la Via del monaco, la Via del cavalierato massonico (Futuwwa) e l’ultima, completa e storicamente ben definita, la Via del sufismo.

Gabriele Mandel Khân, Islam, Electa, Milano 2006, p.116

 

 Dhikr e Sema

Nelle abbazie dei sufi hanno luogo settimanalmente due tipi di riunione. Una è atta a fornire istruzioni a carattere esoterico, una serie di lezioni di tipo universitario, e l’altra è detta dhikr, “rammemorazione”. Con la pratica del dhikr il sufi va in estasi e dilata le proprie sensazioni spirituali sino a raggiungere il pieno coinvolgimento con l’espressione più alta del divino. Vi è il dhikr collettivo – che si compie di solito una volta la settimana – e il dhikr del cuore, solitario e silenzioso, che il sufi compie quando lo desidera. In molte confraternite – ma non in tutte, comunque – il dhikr collettivo comprende musica, canto e danza, una danza collettiva che spesso è chiamata âlZohd (l’ascesi). Numerosi sono quindi i sufi musicisti o cantanti, anche di eminente qualità. La confraternita dei Mevlevi (detti in Occidente i dervisci roteanti) – che ha sede a Konya, in Turchia, dove venne fondata da Jalâl âlDîn Rûmî (1207-1273), il massimo poeta mistico dell’umanità tutta – ha un dhikr particolare, detto Semà: dopo un concerto mistico, i semazen, vestiti di bianco, si mettono a roteare emblematicamente attorno a un polo centrale, intercalando la danza con varie battute di arresto. Il Semà ha suscitato un così grande interesse in Occidente che molte sono, purtroppo, le imitazioni ridicole e orecchianti (ora perfino nel suo luogo d’origine, la Turchia) di mestieranti niente affatto sufi.       

Gabriele Mandel Khân, Islam, Electa, Milano 2006, p.120

 

Confraternite maggiori

Possiamo riconoscere alla storia del sufismo quattro grandi periodi, o tappe. Dal VII all’VIII secolo si hanno le prime manifestazioni e la prima diffusione. Nel secondo periodo, dal IX al X secolo, le lotte e le controversie politiche che caratterizzano il vasto mondo islamico si riflettono sulla formazione delle più importanti confraternite sufi. È il periodo che dà al sufismo anche i suoi grandi martiri (come âlHallaj), condannati da giudici corrotti e integralisti, fatti torturare da dittatori feroci anche per giorni e giorni e poi fatti bruciare. Nel terzo periodo (secoli XI-XV) teologi fra i più eminenti dell’Islam, come il turco âlGhazâlî (1050-1111) e l’andaluso Îbn âl ‘Arabî (1165-1240), gettano un ponte ben solido fra la teologia e il misticismo dei sufi. Il quarto periodo va dal XVI secolo ai giorni d’oggi. Si apre con il grande fiume delle sei maggiori confraternite: Qâdiriyya, Shâzûliyya, Suhrawardiyya, Naqshbandiyya, Mevleviyya e Khalwatiyya, cui se ne affiancheranno lungo i secoli almeno un’ottantina ancora di minori, sino a giungere a oggi, in Europa, ad alcune imitazioni senza valore alcuno. Ecco dunque perché, chiaramente, vi è nel sufismo una luminosa omogeneità di intenti, sui quali però – come su una tela di fondo – le varie correnti, le varie confraternite, i vari maestri e i singoli sufi hanno ricamato con una versatilità eccezionale.

Gabriele Mandel Khân, Islam, Electa, Milano 2006, p.123